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Trento, 7 giugno 2009 Il Festival dell’economia, alla sua quarta edizione, ha mostrato una apertura al pubblico ed una efficacia critica anche superiori a quelli precedenti. Questo successo è dovuto in primis alla incombente crisi mondiale, precipitata improvvisamente a partire dal sistema finanziario (borse/banche). Ma paradossalmente riflette la stessa smania dei maggiori responsabili del crack – paragonato a quello del 1929 – e dei politici loro alleati , di «voltare pagina», di forzare un ottimismo di maniera, di evitare la denuncia e lo scavo delle cause. Questo atteggiamento doppiamente irresponsabile – nel prima e nel dopo – ha provocato il suo contrario: il desiderio di risalire ai misfatti, per capire a fondo le loro ripercussioni sulla società civile e come riprendere un cammino che non renda più possibili le enormi sperequazioni sociali dell’attuale modello di sviluppo, la speculazione finanziaria, i privilegi corporativi, lo sfruttamento dei paesi più poveri, resi solo più evidenti dai grands commis della finanza, delle imprese maggiori e delle banche. Capitalismo irresponsabile. La regia efficace e trasparente di Tito Boeri (e il sostegno degli enti promotori) ha permesso una analisi e una interpretazione del «capitalismo irresponsabile», i cui manager, pur bocciati dal fallimento delle loro stesse imprese (negli Usa in particolare), pretendono di mantenere il loro status finanziario ed i relativi bonus premiali, anche a spese del denaro pubblico investito al soccorso di banche e industrie sull’orlo del baratro. La superclasse americana ed internazionale (italiana compresa) di ex maghi strapagati si è rivelata da sedicente «creatrice» a reale «distruttrice» di valore – ha detto Federico Rampini. La sfrontatezza egoistica di costoro risulta tuttavia di difficile contenimento per le garanzie contrattuali da cui sono protetti, e per la stessa disinformazione televisiva e di parte della stampa nazionale sul tema affrontato dal festival trentino. Eppure è crollata la logica precipuamente capitalistica della meritocrazia ed appare, agli occhi di chi vuol vedere, la ignoranza e la responsabilità per le spaventose disuguaglianze – dentro e tra paesi. L’occasione della crisi. Un collaboratore del presidente americano Obama ha invitato a «non perdere l’occasione di una buona crisi», impedendo la restaurazione che soffoca la critica e chiude gli spiragli aperti dal crack finanziario. Uno di questi riguarda lo stato dell’ambiente. L’inquinamento si è infatti ridotto proprio come effetto della crisi, che ha diminuito il consumo di petrolio e proporzionalmente il traffico. C’è però chi ne approfitta per ributtare il problema alle ortiche e vorrebbe rilanciare, come nulla fosse successo, le «grandi opere» – come i treni ad alta velocità, il ponte sullo stretto, le centrali nucleari, nuove autostrade – che, secondo Alberto Alesina, autore con Francesco Giavazzi del libro La crisi. Può la politica salvare il mondo? – «non servirebbero ad uscire dalla crisi, perché largamente inutili, temporalmente troppo lente» e costosissime. Un nuovo ruolo delle istituzioni. È invece proprio la riduzione parziale e congiunturale dell’inquinamento atmosferico che può offrire stimoli e indicazioni su come orientarsi verso uno stile di vita più sobrio, più sostenibile ambientalmente, più socialmente sensibile rispetto alla disoccupazione ed ai giovani in generale, con riduzione dei consumi non necessari, riequilibrio spaziale-temporale del traffico e delle economie regionali, innovazione energetica. Per tutto ciò occorre un nuovo ruolo dello Stato e dell’autorità pubblica, che ora anche l’opinione pubblica americana è propensa ad accettare. Quanto al Trentino – proprio in quanto promotore del festival oltreché titolare di un’autonomia speciale – è chiamato alla coerenza particolarmente nella gestione del territorio, quale aspetto fondamentale di un nuovo modello economico.
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